Adolf Loos - Vita e Opere

LA VITA E LE OPERE DI ADOLF LOOS Adolf Loos, figlio di uno scalpellino, nacque a Brno , in Moravia , nel 1870. Dopo un’educazione tecnica ricevuta presso il Regio e Imperiale Collegio Tecnico di Stato e approfondita poi al Collegio di Tecnologia di Dresco , egli nel 1893 parti per gli Stati Uniti, in apparenza per visitare la World’s Columbian Exposition di Chicago. Anche se non risulta che durante il suo soggirno triennale negli Stati Uniti abbia trovato lavoro come architetto , tuttavia gli divennero familiari le pioneristiche realizzazioni della Scuola di Chicago e gli scritti teorici di Sullivan, in particolare il saggio Ornament in Architecture, scritto da quest’ultimo nel 1892, che esercito un’influenza palese nel suo saggio, Ornament und Verbrechen (Ornamento e delitto), pubblicato sedici anni più tardi. Dopo il ritorno a Vienna, nel 1896, Loos iniziò la sua carriera progettando interni e scrivendo per la Neue Freie Presse, di tendenza liberale, articoli relativi a una vasta gamma di argomenti, dall’abbigliamento all’architettura, dalle buone maniere alla musica. Nel 1908 egli pubblicò Ornamento e delitto, in cui approfondiva la natura della sua polemica con gli artisti della Secessione viennese, una controversia che aveva già iniziato nel 1900 sotto forma di una favola anti-Gesamtkunstwerk, intitolata A proposito di un povero ricco. Qui Loos descriveva il destino di un facoltoso uomo d’affari che aveva incaricato un architetto della Secessione di preparargli una casa "totale" ivi compresi non solo gli arredi ma anche i vestiti degli abitanti. Tanto l’artista belga Henry van de Velde quando Josefh Maria Olbrich sono i fanatici del rigore a cui allude, senza identificarli, questo pezzo sardonico. Fu il primo, infatti, e non Olbrich, a disegnare per la propria moglie abiti speciali che armonizzassero con le linee della loro casa, costruita a Uccle nel 1895. Tuttavia Olbrich rimase per tutto il decennio il bersagli principale degli attacchi di Loos contro la Secessione: fu persino citato per nome in Ornamento e delitto come il progenitore della decorazione illegittima. "Dove saranno le opere di Olbrich?- scriveva Loos- L’ornamento moderno non ha predecessori né ha discendenti, non ha passato né avrà futuro. Uomini incolti, per i quali la grandezza del tempo nostro è un libro chiuso da sette sigilli, lo salutano con gioia al suo apparire, per sconfessarlo poi dopo breve tempo". L’argomento fondamentale di Loos contro l’ornamento si basava sul fatto che esso non implicava un dispendio di lavoro e di materiale, ma comportava invariabilmente anche una forma punitiva di schiavitù artigianale, che poteva essere giustificata solo per coloro ai quali erano inaccessibili le più alte conquiste della coltura borghese, per quegli artigiani che potevano trovare la loro realizzazione estetica solo nella creazione spontanea dell’ornamento. Loos giustificava la decorazione delle sue calzature su misura, che avrebbe preferito lisce, in questi termini: "Noi ci trasciniamo nell’affanno quotidiano e ci affrettiamo per andare ad ascoltare Beethoven o ad assistere al Tristano. Cosa questa che il mio calzolaio non può fare. Non posso privarlo delle sua gioia perché non ho nulla con cui sostituirla. Se però uno va ad ascoltare la Nona e poi si mette a fare il disegno per tappezzeria, allora è un truffatore oppure un degenerato". Queste provocatorie dichiarazioni etiche ed estetiche isolarono Loos non solo dalla Secessione e dai suoi contemporanei conservatori, ma anche dai suoi veri eredi, quei eredi, quei "puristi" moderni che persino ora devono comprendere appieno la profondità dei suoi giudizi. All’epoca del suo saggio critico Architektur, del 1910, Loos aveva già iniziato ad intuire tutta la forza di una forma di pensiero moderna, che persiste fino ad oggi.Dato che, come sosteneva Loos, l’architetto provienente dalla città era uno sradicato per definizione, e dunque categoricamente alienato dall’innato linguaggio locale, rurale o alpino, dei suoi lontani antenati, ne conseguiva che costui non poteva compensare questa perdita con la pretesa di ereditare l’aristocratica coltura del Classicismo occidentale. Infatti la borghesia urbana, da cui invariabilmente proveniva e che naturalmente serviva, era, qualunque cosa fosse chiaramente non aristocratica. Ciò era ben chiaro a Loos nel 1898, quando in Potemkinstadt, la sua satira della Ringsrasse, scriveva: "Quando passeggio lungo il Ring ho sempre l’impressione che un Potemkin moderno voluto realizzare l’impresa di indurre chi giunge a Vienna a credere di trovarsi in una città abitata soltanto da nobili. Tutto ciò che l’Italia del Rinascimento ha espresso nei palazzi nobiliari è stato saccheggiato allo scopo di incantare sua maestà la plebe con una nuova Vienna abitata solo da persone che possono permettersi di possedere un intero palazzo dalle fondamenta fino al cornicione (….). I padroni di casa viennesi erano molto soddisfatti di possedere un palazzo del genere e anche l’inquilino era contento di abitare in un palazzo" La soluzione che Loos diede a questo dilemma, così come è posto in Architektur, consisteva nel sostenere che gran parte dei moderni compiti dell’edilizia riguardava la tecnica piuttosto che l’arte "Soltanto una piccolissima parte dell’architettura appartiene all’arte: il sepolcro e il monumento. Il resto, tutto ciò che è al servizio di uno scopo, deve essere escluso dal regno dell’arte". Nello stesso tempo Loos riteneva che tutta la coltura dipendesse da una certa continuità con il passato; soprattutto, da un consenso circa la definizione dei tipi, rifiutando il concetto romantico dell’individuo estremamente dotato che trascende i limiti storici della propria epoca. Al posto di un impacciato desing ornamentale, Loos preferiva i vestiti sobri, i mobili anonimi e gli efficienti impianti idraulici della borghesia anglosassone. Naturalmente sotto questo aspetto aveva in mente l’America piuttosto che l’Inghilterra, e anticipava il concetto di objet-type espresso da Le Corbusier: l’oggetto raffinato, normativo, prodotto spontaneamente dalle industrie a base artigianale della società. A questo scopo oggetti di stampo anglosassone, come abiti, tenute sportive e accessori personali, vennero reclamizzati sulla rivista "Das Andere"(L’altro), fondata da Loos nel 1903 e destinata a breve vita, che recava il significato sotto intitolato Giornale per l’introduzione della civiltà occidentale in Austria. Nonostante tutta la sua anglofilia, il linguaggio popolare del movimento inglese delle Arts and Crafts ( nella visione documentata dal libro di Hermann Muthesius, Das Englische Haus, del 1904) presentava per Loos un problema; dove bisognava tracciare il confine tra una simile architettura, per quanto ragionevole e comoda, e la fantasia ermetiche, intenzionali, artigianali della Sucessione? Poiché per Loos l’ultimo architetto occidentale importante era stato Schinkel, sembra che il suo volontario imbarazzo consistesse nel conciliare la comodità informale degli interni anglosassoni con la severità delle forme classiche. Fino al 1910, l’attività di Loos si limitò in gran parte alla trasformazione di interni preesistenti. Le sue opere migliori di questo periodo furono i lussuosi negozi che egli progettò a Vienna sul volgere del secolo, e il suo famoso Karntner o American Bar, del 1907. Esternamente queste opere, progettate per seguaci della civiltà anglocentrica, erano rifinite con materiali eleganti e discreti, mentre internamente lo stile variava dall’atmosfera giapponese del suo primo interno per Goldman & Salatsch, sul Graben (1898), all’eleganza classica, da sala di club del Karntner Bar . Negli interni domestici di Loos il linguaggio era anche più eclettico,poiché rifletteva la fondamentale scissione della sua opera tra una confortevole semplicità da una parte, e una monumentalità severa dall’altra. Loos rivestiva invariabilmente i muri, fino all’altezza dello zoccolo o della moda-natura dei quadri, con pannelli di pietra levigata o di legno; al di sopra di essi potevano essere lasciati lisci o venire coperti con un motivo ornamentale o con fregio classico di stucco.(In Ornamento e delitto, Loos aveva ammesso l’appropriazione eclettica della decorazione archeologica, escludendo invece categoricamente l’invenzione di decorazione moderne). Negli edifici pubblici i soffitti erano spesso nudi, in quelli privati erano ricoperti con cassonetti in legno o di metallo, e in altre occasioni, specialmente nelle sale da pranzo, potevano essere sottolineate da travi in legno richardsoniane, spesso sovradimensionate, come nella casa Stainer del 1910. I pavimenti erano generalmente di pietra o di parquet, e sempre ricoperti con tappeti orientali, mentre la zona del camino, spesso in mattoni, per contrasto di materiali si staccava dalle zone di luce invariabilmente rappresentate da vetrine, specchi, lampade e oggetti vari in metallo. Per quanto possibile, l’arredamento era sempre costituito su misura: altrimenti veniva scelto dal cliente, anche se, nei casi in cui l’arredamento era spostabile, e l’edificio pubblico, Loos si limitava ai mobili in serie Thonet di legno curvato, come nel Cafè Museum, di sapore vagamente wegneriano, del 1899. Nel suo saggio sull’abolizione dei mobili Loos scriveva: "All’architetto appartengono i muri delle case. Qui egli può fare ciò che vuole. E come i muri, gli appartengono i mobili che non si possono spostare". Degli elementi spostabili scriveva: "I letti di ferro, i tavoli e le sedie, le poltrone e i sedili in genere, le scrivanie e i tavoli- tutte cose che vengono realizzate in modo moderno dai nostri artigiani (mai dagli architetti!)- ognuno se li procuri da sé secondo il suo desiderio, il suo gusto e la sua inclinazione". Questo categorico atteggiamento anti-Gesantkunstwefk si accompagnava alla predilezione di Loos per materiali ricchi, dai quali, sulla scia di Semper, scriveva: "Materiali ricchi di lavorazione accurata non devono essere considerati come semplici composizione per l’assenza di decorazioni, ma come di gran lunga superiore per suntuosità". La casa Stainer , costruita a Vienna nel 1910, fu l’inizio di una serie di case nelle quali Loos sviluppò gradualmente la sua concezione del Rumplan , o "piano di volumi": un complesso sistema di organizzazione interna che culminò nella case a molti livelli realizzate verso la fine della sua vita: casa Moller a Vienna e casa Muller a Praga. All’epoca di casaSteiner, Loos era già arrivato, negli esterni, a un linguaggio assai astratto, a un prisma e disadorno, che anticipava di almeno otto anni il cosiddetto International Style. Egli iniziò a elaborare la sua idea di Raumplan nella casa Rufer a Vienna (1912), dove, in contrasto con la sua casa successiva, le aperture sono disposte del tutto liberamente, seguendo la libera disposizione dei volumi interni: un contrappunto nei prospetti che anticipava le opere canoniche di De Stijl. Il Raumplan di Loos trovò compiuta applicazione nei suoi ultimi edifici residenziali, le case Moller e Muller del 1928 e del 1930. Sviluppando l’anticipazione rappresentata dall’ingresso con la scala aperta della casa Rufer, entrambe queste opere sono organizzate attorno a spostamenti nei livelli dei piani principali, elisione che servono non solo a movimentare gli spazi, ma anche a differenziare un’area di soggiorno da quella contigua. La tipica pianta irregolare del Gothic Revival, documentata in Das Englisce Haus di Muthesius, ispirò senza dubbio lo sviluppo, totalmente senza precedenti, dato al Rumplan da Loos, ma, con la sua predilezione classica per la forma cubica, egli non poteva accettare i volumi pittoreschi che ne erano la naturale conseguenza. E’ questa senza dubbio ,l’origine della tortuosa manipolazione della volumetria disponibile nel prisma, come se fosse un materiale grezzo, da cui creare una composizione della sezione dinamica. Intenzione plastiche di tal genere erano fondamentalmente incompatibili con un’architettura capace di distinguere costantemente gli elementi strutturali da quelli non strutturali, e mentre Loos si sforzò di mantenere tale distinzione nelle sue opere pubbliche, nelle case di abitazione diede la priorità all’effetto spaziale, piuttosto che alla rivelazione della struttura architettonica. I principi di Viollet-le-Duc, in ogni caso, gli erano estranei, dato che egli distorceva intenzionalmente le piante allo scopo di fornire una promedace architettonica dotato di significato sensoriale, come avrebbe fatto Le Corbusier. In quasi tutte le sue opere residenziali le giunture strutturali sono invariabilmente mascherate dal rivestimento, sia allo scopo di nascondere condizioni irrisolte che per desiderio del fornire un appropriato livello di decoro. Durante il periodo in cui ricoprì la carica di architetto capo del Dipartimento dell’edilizia di Vienna, dal 1920 al 1922, nell’austerità del dopoguerra, Loos applicò il suo Raumplan, non ancora perfezionato, al problema dell’edilizia di massa; ne risultò un certo numero di notevoli studi di abitazioni nei quali la sua forma preferita, il cubo, viene trasformata in una sezione gradonata a terrazze. Nel 1920 Loos progettò uno schema residenziale brillante ed economico, noto come complesso Heuberg case a schiera erano integrate da serre e da piccoli appezzamenti di terreno, dai quali ci si attendeva che gli inquilini traessero di che nutrirsi: una strategia di sopravvivenza urbana tipica del periodo degli anni Venti venne adottato come politica generale in molti insediamenti residenziali tedeschi. E’ uno dei paradossi della carriere di Loos il fatto che proprio lui, architetto borghese e uomo di gusto, dovesse formulare i suoi progetti più importanti e ricchi di sensibilità al servizio dei non privilegiati. Tuttavia, disilluso, diede le dimissioni da architetto municipale, trasferendosi successivamente, nel 1922, a Parigi, su invito del poeta dadaista Tristan Tzara- per il quale avrebbe progettato una casa nel 1926 – e reinserendosi nei circoli cosmopoliti dell’alta borghesia. A Parigi egli entro a far parte del mondo alla moda che circondava la ballerina Josephine Baker, per la quale progettò, nel 1928, una villa piuttosto appariscente. Tranne Tzara e il suo vecchio cliente viennese, il sarto di fama internazionale Knize, per il quale aveva già progettato un negozio a Vienna nel 1909, nessuno dei suoi protettori parigini ebbe i mezzi o la convinzione necessari per realizzare qualcuno dei suoi progetti di grandi dimensioni che egli disegnò durante gli anni del suo esilio. Nel 1928, cinque anni prima della sua morte, agli fece ritorno a Vienna, avendo ormai virtualmente chiuso la carriera. In ultima analisi, il significato del ruolo di precursore svolto da Loos dipendeva non solo dalle sue straordinarie intuizioni di critico della cultura moderno, ma anche della sua formulazione del Raumplan come strategia architettonica per superare la contraddittoria eredità culturale della società borghese che, privatasi dei linguaggi popolari, non poteva prendere in cambio la coltura del Classicismo. Nessuno era più preparato ad accogliere questa sensibilità consapevole che l’avanguardia parigina del dopoguerra, in particolare "L’Esprit Noveau", specialmente il poeta protodadaista Paul Dermèe e i pittori puristi Amèdèe Ozenfant e Charles-Edouard Jeanneret (Le Corbousier), che nel 1920 ristamparono la traduzione francese del 1913 di Ornamento e delitto. Come ha osservato Reyner Banhaman, mentre il Purista affonda le sue radici nelle astratte tendenze classicheggianti della coltura parigina(nonostante la sensibilità ready-made di Marcel Duchamp),non c’è motivo di dubitare che l’influenza di Loos sia stata decisiva nell’affinare il programma tipologico del Purismo: quell’impulso a sintetizzare, ad ogni concepibile scala, degli oggetti-tipo del mondo moderno. Soprattutto, Loos deve essere considerato come il primo ad avere posto il problema che Le Corbusier avrebbe alla fine risolto sviluppando fino in fondo la pianta libera. Il risultato tipologico proposto da Loos consisteva nel combinare l’esattezza si una massa platonica con le opportunità di un volume irregolare. Questa formulazione ebbe la sua enunciazione più lirica nel progetto del 1923 per una villa al Lido di Venezia: questa casa era destinata a diventare la forma-tipo di quella villa che rappresentava il canone del Purismo di Le Corbusier, la villa a Garches del 1927